Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 9 settembre 2013

Liturgia di Domenica 15 Settembre 2013 – XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

La Liturgia di Domenica 15 Settembre 2013

 

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

*VANGELO */ (Lc 15,1-32)/

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i

peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo:

«Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».

 

Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore

e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di

quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di

gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i

vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia

pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia

nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per

novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.

Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende

la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la

trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice:

“Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo

perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio

per un solo peccatore che si converte».

Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due

disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi

spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo,

il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un

paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo

dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una

grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò

a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo

mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con

le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla.

Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno

pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio

padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te;

non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno

dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.

 

Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli

corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli

disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono

più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai

servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo

indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi.

Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,

perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto

ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.

Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino

a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli

domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo

fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso,

perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva

entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo

padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a

un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con

i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha

divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il

vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con

me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e

rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in

vita, era perduto ed è stato ritrovato”».

Parla del Signore.

Commento

“Si avvicinarono a lui tutti i pubblicani e i peccatori per

ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano: Costui riceve i

peccatori e mangia con loro. Allora egli disse loro questa

parabola…” (Lc 15,1-2).

A un uditorio di mormoratori Gesù racconta le tre parabole dei

perduti ritrovati. Quale nuova idea di Dio ci rivelano? Tra tutte le

parabole sono indubbiamente le più sconvolgenti perché ci insegnano

anzitutto che Dio si interessa di ciò che è perduto e che prova

grande gioia per il ritrovamento di ciò che è perduto. Inoltre, Dio

affronta le critiche per stare dalla parte del perduto: il padre

affronta l’ira del figlio maggiore con amore, con pace, senza

scusarsi. Gesù affronta le critiche fino a farsi calunniare, critiche

che si riproducono continuamente e quasi infallibilmente. Perché

tutte le volte che la Chiesa si ripropone l’immagine di Dio che

cerca i perduti, nasce il disagio. E ancora, Dio si interessa anche di

un solo perduto. Le parabole della pecorella perduta e della donna che

fatica tanto per una sola dramma perduta, hanno del paradossale per

indicare il mistero di Dio che si interessa anche di uno solo perduto,

insignificante, privo di valore, da cui non c’è niente di buono da

ricavare. Ciò non significa evidentemente che dobbiamo trascurare i

tanti, però è un’immagine iperbolica dell’incomprensibile amore

del Signore. Per questo l’etica cristiana arriva a vertici molto

esigenti, che non sempre comprendiamo perché non riusciamo a farci

un’idea precisa della dignità assoluta dell’uomo in ogni fase e

condizione della sua vita .

Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 4 settembre 2013

ADORAZIONE PER LA PACE

PARROCCHIA SAN GIUSEPPE CAPO D’ORLANDO

 

In unione a PAPA FRANCESCO  e alla CHIESA ti invitiamo Sabato 07 settembre nella nostra chiesa di San Giuseppe ad un’ora  di adorazione dalle 21.00 alle 22.00 per la pace nel mondo .

Passa parola.

 

Il parroco Padre  Francesco Leanza

Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 2 settembre 2013

Liturgia di Domenica 8 Settembre 2013 – XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Liturgia di Domenica 8 Settembre 2013

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) (Lc 14,25-33)/

“Chi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.”

 

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e

disse loro:

«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la

madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria

vita, non può essere mio discepolo.

Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non

può essere mio discepolo.

Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare

la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare

che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro,

tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha

iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.

Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede

prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli

viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora

lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.

Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può

essere mio discepolo».

Parola del Signore

 

Commento

Voler essere discepoli del Cristo significa avere scelto e deciso di

seguirlo, significa avere scelto Cristo come unico punto di

riferimento della e nella nostra vita.

Lo seguiamo perché lo amiamo e perché abbiamo fondato su di lui, e

solo su di lui, il nostro progetto di vita.

Vivremo, nonostante tutto, infedeltà ed errori quotidiani, ma non

saranno questi a troncare la nostra sequela se sapremo accettarli e

viverli come limite e quindi come parte della croce che ogni giorno ci

è chiesto di portare. Una croce fatta di grandi e piccole sofferenze

e miserie, ma è proprio l’adesione alla “nostra” croce la via

per divenire e rimanere suoi discepoli.

La Chiesa, oggi e sempre, è costruita da chi ha il coraggio di

affidarsi soltanto a Dio e seguire Gesù con totale abbandono e senza nessun compromesso.

Liturgia di Domenica 1 Settembre 2013

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Dal Vangelo secondo Luca

Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.

Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Parola del Signore

Preghiera dei fedeli

Per essere cristiani autentici non basta essere di buona educazione religiosa. Occorre convertirsi ed acquisire una coscienza seria e serena del proprio peccato.

Preghiamo insieme e diciamo: Ascoltaci, Signore.

1. Perché la saggezza ci preservi dalle tentazioni della ricerca esasperata del successo e dalla lotta per il potere ad ogni costo.

Preghiamo.

2. Perché le comunità cristiane, sull’esempio del loro unico maestro, prediligano sempre «poveri, storpi, zoppi e ciechi».

Preghiamo.

3. Perché la nostra umiltà nasca sempre dall’amore per ciò che siamo e ciò che possiamo diventare con l’aiuto di Dio. Preghiamo.

4. Perché impariamo ad occupare anche l’ultimo posto col cuore sereno e la mente libera. Preghiamo.

 

O Padre, la tua grandezza si è manifestata nella scelta degli ultimi. Aiutaci a capire che ogni capacità comporta una responsabilità verso noi stessi e verso i fratelli più fragili. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

 

Commento

“Chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. I grandi maestri dicono che sarebbe meglio non darsi subito come obiettivo l’umiltà. Fissare questo obiettivo fin dall’inizio, significa scivolare impercettibilmente verso una sottile “sufficienza”. Ciò può portare in seguito ad una eccessiva considerazione di se stessi, mentre l’umiltà consiste essenzialmente nel volgere il proprio sguardo al di fuori di se stessi, verso Gesù e verso le grandi realtà della fede, come la grandezza di Dio e la piccolezza dell’uomo, l’eternità e la limitatezza del tempo, la speranza del paradiso e la minaccia proveniente dalle nostre debolezze, la bellezza della santità e l’orrore del peccato.

“Chi si umilia sarà esaltato”. Per diventare umili, bisogna cominciare ad amare. È quello che ha fatto Gesù. L’amore misericordioso l’ha fatto scendere dal cielo. L’amore l’ha spinto sulle strade della Palestina. L’amore l’ha condotto a cercare i malati, i peccatori, i sofferenti. Lo stesso amore l’ha portato, senza indugi, alla sua meta, il Calvario, dove “umiliò sé stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8).

L’umiltà è stata la forma esteriore della sua carità divina e il suo accompagnatore esterno. L’umiltà è stata un atteggiamento proprio della santa Madre che, per la sua purezza, fu a Dio gradita e, per la sua umiltà, attirò Dio a sé, perché  io “resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia” (Gc 4,6). Maria era umile perché amava la volontà di Dio e delle  ersone che erano intorno a lei.

“Chi si umilia sarà esaltato”. Come possiamo noi mettere in pratica questa frase del Vangelo? Dovremmo darci come  obiettivo la carità primordiale del Vangelo e cercare di servire tutti quelli che incontriamo. Ogni persona è nostro Signore, e in ognuna di esse noi abbiamo il privilegio di servire Gesù.

Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 18 agosto 2013

Liturgia di Domenica 25 Agosto 2013 – XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Liturgia di Domenica 25 Agosto 2013

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre
era in cammino verso Gerusalemme.

Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?».

Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché
molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno.

Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi,
rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore,
aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora
comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu
hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi,
non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di
ingiustizia!”.

Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo,
Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece
cacciati fuori.

Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno
e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che
saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi».

Parola del Signore

*Preghiera dei fedeli*

Gesù ci chiede di vivere la vita come un costante impegno
nell’obbedienza al suo Vangelo. Questo radicalità può sorgere solo
da una sincera conversione alla sua Parola.

Preghiamo insieme e diciamo: Salvaci, Signore.

1. Perché la Chiesa sia fedele alla missione che le hai affidato di
annunciare a tutti il Vangelo della misericordia. Preghiamo.

2. Perché la grandezza del tuo amore vinca l’incapacità degli
uomini di perdonarsi reciprocamente. Preghiamo.

3. Perché nelle prove della vita non disperiamo mai della tua
provvidenza. Preghiamo.

4. Perché la nostra vita non sia contraddittoria con la
testimonianza del Vangelo, ma diventi continuo impegno perché tutti
siano salvati nell’amore fraterno. Preghiamo.

O Padre, aiutaci ad aprire il cuore alla tua misericordia e ad avere
fiducia nella tua promessa. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.

*Preghiera sulle offerte*

O Padre, che ti sei acquistato una moltitudine di figli

con l’unico e perfetto sacrificio del Cristo,

concedi sempre alla tua Chiesa

il dono dell’unità e della pace.

Per Cristo nostro Signore.

Commento

Gesù si rifiuta di rispondere alla domanda riguardo al numero di
coloro che si salveranno: la questione della salvezza non si pone
infatti in termini generali, non si pone innanzitutto per gli altri,
ma si pone “per me”.

Dipende dalla mia accettazione o dal mio rifiuto della salvezza che
Gesù mi offre.

Il cammino verso la salvezza consiste nel seguire Gesù: egli è la
via. Lo sforzo di entrare per “la porta stretta” è lo sforzo di
seguire il cammino intrapreso da Gesù, cioè il cammino verso
Gerusalemme, il cammino verso il Calvario. Il Calvario fu solo una
tappa nel cammino verso la destinazione finale, una tappa di grande
sofferenza, di tenebre e di solitudine, ma che sboccò direttamente su
un mondo di luce e di gioia, illuminato dal sole nascente di Pasqua,
vivente della gioia della risurrezione.

L’ingresso al sepolcro di Gesù, nella basilica del Santo Sepolcro
a Gerusalemme, è basso e stretto, all’interno l’ambiente è
angusto e buio: eppure, proprio da qui la risurrezione, in tutta la
sua potenza irresistibile, levò il masso e aprì le tombe riempiendo
il mondo di luce e di vita.

Il punto in cui si incontrano i due bracci della croce è stretto e
basso, ma i bracci indicano i quattro punti cardinali, i quattro venti
del mondo. Là Gesù “stese le braccia fra il cielo e la terra, in
segno di perenne alleanza” ed estese la sua offerta dell’amore e
della salvezza di Dio a tutti gli uomini, ad oriente e ad occidente, a
settentrione e a mezzogiorno, invitando ogni uomo e ogni donna, di
ogni età e di ogni razza, di ogni colore e di ogni lingua, a
partecipare al banchetto del regno di Dio.

La porta stretta è il mezzo per uscire dalle angustie di un mondo
senza amore; essa è l’apertura verso l’amore senza confini, verso
il perdono e la misericordia.

 

Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 12 agosto 2013

Liturgia di Domenica 18 Agosto 2013 – XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Liturgia di Domenica 18 Agosto 2013

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Commento

Noi ci sentiamo legati a chi ci è caro e abbiamo grandi doveri nei
confronti di chi ci è vicino, e ciò è importante. Ma nessuno è
più vicino a noi di Dio, nessuno è più prezioso. In modo
scioccante, spettacolare, Gesù ci dice che tutte le nostre relazioni,
per quanto strette ed intime, devono essere purificate. Esse devono
essere misurate in rapporto a Dio e ai suoi obiettivi.

È un’affermazione davvero severa. In noi tanto forte è
l’attaccamento alla sicurezza data dall’amore “umano”, che
possiamo facilmente rifiutare di dare tutto al Signore perché lo
purifichi. Siamo davvero tentati di dire: “Signore, tu puoi
prenderti tutto… tranne questo e quello”. Vi sono alcune cose,
alcuni affetti che vogliamo vivere a nostro modo, non secondo il modo
di Dio.

Una volta lasciato al Signore il governo delle nostre relazioni e dei
nostri amori, allora riceviamo il fondamento della vera pace. La pace
che dà il Signore non è quella che dà il mondo; è fatta di
perdono, di giustizia, di amore e di amicizia. La pace non è soltanto
assenza di conflitti, così come non è un compromesso immorale. La
vera pace consiste nello stare con altri davanti a Dio, purificati e
liberati dalla verità e dalla misericordia del giudizio divino.

 

Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 5 agosto 2013

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C) – Liturgia di Domenica 11 Agosto 2013

La Liturgia di Domenica 11 Agosto 2013

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Commento

In questo brano del Vangelo Cristo ci dice di non avere paura, di
non lasciarci prendere dall’angoscia: il nostro stato d’animo di
sempre deve essere una tranquilla fiducia in Dio, poiché “al Padre
vostro è piaciuto di darvi il suo regno”. Dobbiamo aprire un conto
in questo regno, perché solo lì si trova la vera ricchezza. La
motivazione e il fine dell’uomo provengono sempre da dove egli pensa
che si trovino i veri valori: “Perché dove è il vostro tesoro, lì
sarà anche il vostro cuore”. Questa priorità implica che noi siamo
distaccati dal denaro e dai beni materiali, e che li utilizziamo per
il bene altrui, essendo responsabili davanti a Dio della loro
gestione.

Dobbiamo anche tenerci in uno stato di veglia costante, aspettando la
venuta di Cristo: “Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le
lucerne accese”. Come i servi non sanno quando il loro padrone
rientrerà dal ricevimento di nozze, come un uomo non può sapere
quando entreranno i ladri nella sua casa, così noi non conosciamo
l’ora della nostra morte, quando cioè Cristo tornerà per noi.

Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 4 agosto 2013

Pellegrinaggio a Lourdes 8/11 Luglio 2013

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Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 2 agosto 2013

XVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)Domenica 4 Agosto 2013

La Liturgia di Domenica 4 Agosto 2013

Il messaggio essenziale del Vangelo di oggi è talmente chiaro che,

in realtà, non ha bisogno di interpretazione: “Guardatevi e
tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché la vita di un uomo non
dipende dai suoi beni”. E “arricchitevi davanti a Dio!”.

Ma, siccome conquistare dei beni è un’aspirazione fondamentalmente
umana, vale quindi la pena entrare nei dettagli della parabola del
ricco stolto raccontata da Gesù. La ricchezza conferisce agli uomini
una certa sicurezza, permette loro di disporre della propria vita, di
non dipendere completamente dagli altri o dallo Stato, di organizzare
la propria sfera di vita, di occuparsi di cose che fanno loro piacere,
di concretizzare grandi missioni o grandi scopi. In questa misura, i
beni sono necessari per una giusta esistenza. Gesù non mette in
questione il buon impiego dei beni e delle ricchezze. Ma afferma che
beni e ricchezze portano gli uomini a sentirsi lontani da Dio e dal
prossimo, a pensare di essere assicurati contro la miseria, la
vecchiaia e la morte e a soddisfare i piaceri di questo mondo. E
ancora, per molti uomini, il successo materiale è il simbolo della
benedizione di Dio. Pensano di avere compiuto bene il loro ruolo nella
vita quando acquisiscono ricchezza e considerazione. E che Dio non
possa pretendere di più da loro. Ora, anche per essi, il principale
comandamento è l’ultimo criterio che permetterà di giudicare la
loro vita.

Ecco perché la ricchezza deve essere per ognuno un mezzo di azione:
un mezzo per impegnarsi per gli altri. Aiutando coloro che sono nello
sconforto e condividendo con generosità, si sarà veramente ricchi:
ricchi agli occhi di Dio.

Pubblicato da: parrocchiasangiuseppe | 22 luglio 2013

QUESTA SETTIMANA PREGHIAMO CON …. *XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)*

Domenica 28 Luglio 2013

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*XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)*

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*Commento*

Grazie alle letture bibliche, oggi la Chiesa ci insegna quello che
significa la preghiera e come bisogna pregare. Il racconto
dell’intercessione di Abramo in favore delle città depravate di
Sodoma e Gomorra (Gen 18,20-32: 1a lettura) dimostra che i castighi di
Dio non sono la conseguenza di una predestinazione irrevocabile.
L’intercessione degli uomini che conoscono l’amore di Dio è
capace di risvegliare la sua misericordia.

San Luca ci riporta una serie di insegnamenti di Gesù su come
bisogna pregare. Gesù invita innanzitutto a pregare, per qualsiasi
richiesta, con fiducia, ed assicura ad ognuno che tutte le preghiere
sincere saranno esaudite: “Chiunque chiede ottiene; chi cerca trova
e sarà aperto a chi bussa”. Poi Gesù dice che un padre terreno dà
solo buone cose ai suoi figli e non vuole ingannarli. Come potrebbe
Dio, il migliore dei padri, mandarci qualcosa di cattivo quando noi
suoi figli gli chiediamo il suo aiuto?

La parabola dell’uomo che sollecita il suo amico è basata sulla
regola del rilancio: se un amico terreno non è capace di mandare via
colui che è venuto per pregarlo, anche se chiede il suo aiuto nelle
peggiori circostanze, a maggior ragione Dio – che è il nostro
migliore amico – esaudirà le nostre preghiere! Tanto più che noi per
lui non siamo mai importuni.

Tutto questo trova la sua espressione più convincente nella
preghiera che il Signore insegna ai suoi discepoli. Se abbiamo fatto
nostra la preoccupazione di Dio: cioè che il suo nome sia conosciuto
e riconosciuto e che il suo regno venga nel mondo, egli stesso farà
sue le nostre preoccupazioni. La preghiera del Signore è il riassunto
di tutto il Vangelo. Ed è per questo che è il fondamento e il cuore
di tutta la preghiera umana.

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